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Il cuore grande dello sport

“Viva l’Italia” cantava Francesco De Gregori. Quella del valzer e del caffè. Quella liberata, colpita al cuore, che lavora e che resiste. E che resta a guardare. Con occhi grandi quasi a creare meraviglia; ma in realtà dilatati dalle lacrime. Cantava Viva l’Italia, ma senza citare quella dello sport, nonostante poi a quest’ultimo ci si continui ad aggrappare come l’ultima delle boe nell’oceano più profondo; perché senza sport alla fine non si vive. Quando si ricorda che esiste? Solo quando si vince.

Manca una strofa al tavolo dei grandi: “Viva l’Italia che vince”. 

L’Italia che perde non viene considerata. Fallimento o disonore, queste le due parole accostate a una medaglia d’argento o di bronzo. Eppure lo sport ha dimostrato ancora una volta che non fallisce mai. Mai. E che l’Italia stavolta ha vinto. Quella giovane, sportiva, del futuro. Quindi si che si canta Viva l’Italia, anche se non c’è stato un oro e non è stato suonato nessun inno. Niente mano sul cuore e nessuna foto di commozione per un titolo europeo. Soltanto una disperata e meravigliosa vittoria morale.

Nonostante il suo Europeo la nostra Giulia l’avesse immaginato in maniera decisamente diversa, il gesto che ha fatto insieme ad altre ragazze più giovani di vent’anni racchiude la concezione più veritiera dello sport, della scherma in questo caso, che aggrega e commuove, che definisce con i gesti ciò che le persone sono. Il suo Europeo è stato ancora più grande. Anzi, il Loro, quello di Giulia Amore, Irene Bertini, Carlotta Ferrari e Matilde Molinari. Non le sole ma le prime delle compagini azzurre a incrociare la Russia nella gara a squadre. E a rifiutarsi di tirare contro chi sta ledendo la libertà altrui.

La scelta di non tirare agli Europei contro le russe ha significato rendersi conto di un momento storico in cui ancora una volta, nonostante non risieda colpa nei volti e nelle azioni di giovani ragazzi con la bandiera della Russia sul braccio, lo sport stia cercando di dare una lezione alla politica. Fa sorridere pensare come la nascita delle Olimpiadi servisse a celebrare le discipline considerate sacre e pure, a tal punto da sospendere qualsiasi guerra in atto. A dimostrazione che non esistesse nulla di più inviolabile dello sport. Oltre alla libertà umana. Ma la violazione dei diritti sembra non essere stata una lezione capita e assimilata nel corso del tempo. L’uomo avrebbe potuto (e dovuto) imparare qualcosa dalla storia; ma citando Hegel, “l’uomo dalla storia non ha imparato niente”.

La vicinanza all’Ucraina, la presa di posizione contro la decisione folle di un uomo, dimostrano che l’umanità non ha ancora fallito del tutto, nonostante sia davvero vicina al suo ennesimo cedimento. Con un piccolo grande gesto si cerca già di guardare al futuro, sperando che possa essere messo già oggi nelle mani di ragazzi e ragazze con sani valori morali e sportivi, in maniera da rappresentare la migliore lezione di storia che si possa immaginare.

Un futuro fondato sul cuore grande di giovani menti sportive.

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