Dal ClubNews

Cronache di un GPG ritrovato

Brevi racconti di otto giorni a Riccione

Ogni giorno una gara, ogni categoria una storia. Ciò che è successo sulle pedane del 58° Gran Premio Giovanissimi è un vero e proprio romanzo dal quale difficilmente ci si può staccare. Un semplice articolo riassuntivo non sarebbe stato empatico a tal punto da trasmettere le emozioni provate a fondo pedana, al centro, dagli spalti. Così è stata scelta la modalità del racconto: brevi storie sui nostri ragazzi che in una settimana si sono lasciati andare a molteplici emozioni: gioia, rabbia, pianto, sorrisi, paure, certezze, indecisioni.
Bentornato GPG.

Un abbraccio da titolo

Solita routine: divisa, scarpe, sciabole, corazzetta, paraseno. E ancora: guanto, passanti, cavetto per la maschera, calzini (quelli del Club, non un paio qualsiasi). Sacca chiusa. Si parte. La direzione è la stessa da quattro anni, tre considerando che il Covid ne ha tolto uno.
Eppure a Francesca non importa.
Quello a cui pensa è replicare l’assalto di finale dello scorso ottobre, quando si è dovuta arrendere alla sua bestia nera Elisa Grassi. E fu argento. Ma stavolta l’obiettivo è solo uno.
Si prepara con la meticolosità di un’adulta in un corpo da bambina, consapevole che la sua sciabola dovrà essere gestita con estrema fiducia, la stessa che Ale le dà a fondo pedana. E allora via con i gironi: primo assalto vinto, poi il secondo, il terzo e anche il quarto. Gli ultimi due sono anche loro vinti. E il tabellone comincia a parlare. Numero 1 dell’eliminazione diretta. E Grassi? 2. Bene. Adesso serve solo arrivare in fondo.
Non si guarda in faccia a nessuno, negli occhi solo l’immagine di quattordici metri da abbattere a suon di affondi e parate, di difese di misura e anticipi calcolati a centropedana. E così, un assalto dopo l’altro, l’ultimo atto comincia a prendere forma. La sua semifinale Francesca la vince contro la livornese Saracaj. Ora manca solo Elisa. La aspetto qui, per il titolo.
Eppure, in un colpo di scena generale, la campionessa italiana in carica abdica già nell’assalto di semifinale. Francesca ora ci pensa a quell’oro. Il piano cambia, l’avversaria non è quella che si aspettava. Ma poco importa. Il momento è adesso.
Ale lo sa. Le parole giuste, i consigli precisi, le dinamiche di chi sa che può vincere.
E si arriva 14-11.
Un punto. Uno solo. Il più difficile. Quello che quando arriva il momento di essere messo, inizia a creare un monologo nella mente dell’atleta.
‘E se dovessi uscire?’. 14-12.
‘No Fra, non ora. Dai, stringi’. 14-13.
‘Forza Francesca, senza paura, siamo là”. 14-14.
Non esistono parole da dire, pensare, usare, scrivere o altro. Esiste solo il momento. Un attimo costruito dalla mente come lunghissimo, eterno. Che a raccontarlo perderebbe di significato. Che a viverlo ne acquista. Che il ricordo lascia a imperitura memoria.
Spiegare tecnicamente ciò che è successo sul 15-14 toglierebbe il pizzico di magia al tutto. Ed effettivamente non importa neanche tanto.
Il titolo è stato agguantato. Il primo per Francesca. Il ventinovesimo, forse trentesimo per Ale, non si riesce a ricordare. Ma l’albo d’oro in cui il nome di una ragazza di quattordici anni comparirà da qui in avanti, permetterà a chiunque di ricordarsi quel giorno in cui un Maestro è tornato ad essere ragazzo e una ragazza si è sentita per la prima volta donna.
O, come dovrete chiamarla per qualche tempo, Campionessa Italiana.

1, 2, 3, Calza

Potrebbe diventare tranquillamente il ritornello di una canzone. Eppure Mario Calza ha compiuto qualcosa di straordinario. In tre passi, come il titolo ricorda, Mario si è andato a prendere un bronzo a un Campionato Italiano.
Passo n. 1: la mattina era iniziata con la colazione a un’ora non troppo tarda, con il viso di chi aveva intenzione di andarsi a divertire, provando a fare il meglio possibile. E così, forte dei suoi pantaloncini e della sua felpa, nonché di un paio di occhiali da sole decisamente ‘discutibili’, Mario si è messo in macchina accanto alla madre alla volta del Playhall. Cosa stesse pensando in quei momenti che precedevano la gara è impossibile dirlo, sicuramente ha provato a disegnare la giornata in arrivo.
Passo n. 2: il girone è fondamentale in una gara. Dopo il GPG diventa quanto mai necessario per poter proseguire nella competizione ma, finché si vive all’interno del circuito Under 14, la sua funzione risiede nella possibilità di non incrociare le “teste di serie” sin da subito. Risultato? Mario ha deciso di fare a modo suo, ricordandosi quanto siano importanti gli assalti preliminari (o forse no), andando a vincere ogni match a cinque stoccate tirato nella calda mattina romagnola. Numero uno del tabellone di eliminazione diretta. A quel disegno, che Mario aveva iniziato ad abbozzare in macchina, ora mancano solo i colori.
Passo n. 3: Cos’è la follia se non l’impossibile reso reale? Sul 14-13 per il suo avversario nell’assalto per i quattro, tecnica e tattica fanno fatica ad emergere. Così in quel momento la mente elabora uno scintillio di folle visione, che rende il tutto estremamente assurdo. Con due accucciate, che per voi lettori definirò come una stoccata tirata abbassandosi contemporaneamente in maniera estrema sulle gambe, Mario ha conquistato il podio. Ha colorato il disegno.
Salire in pantaloncini sul terzo gradino non sarebbe stato possibile; così, dopo aver rimediato un paio di pantaloni sociali, Mario ha ritirato quella medaglia che rappresenta più di tutto un insieme di sregolatezza e follia uscita dal cuore di un ragazzo che si muove sulla pedana al ritmo di 1, 2, 3…

Il cuore rivelatore

La gara di Lucca sembrava essere iniziata come tante altre. Girone altalenante ma alla fine risultato buono, con un tabellone di eliminazione diretta alla portata di Sara. Eppure qualcosa non andava. Primo assalto a 15 vinto, me c’era un problema che nessuno era in grado di percepire, neanche Sara stessa. È stato nel secondo assalto, quello per entrare nei sedici che ha sentito il cuore chiedere aiuto. Batteva forte. Troppo forte per essere normale, nonostante lo sforzo messo in campo in quel momento fosse decisamente sostenuto.
Cinque minuti di pausa. Il cuore si è rilassato. Sara ha finito l’assalto. Poi ha ricominciato a sentire il bum in gola.
Bum, bum, bum, bum…
Le settimane seguenti sono state un calvario, tra controlli, accertamenti, ospedale. In aggiunta anche un compleanno passato con l’ansia di un elettrocardiogramma che avrebbe potuto dire qualcosa di negativo. Eppure, il cuore era a posto. Nulla da dichiarare.
Si è ripresa ad allenare qualche tempo dopo, con la costanza di prima ma con qualche timore in più. “E se succedesse di nuovo? Se dovessi spingere troppo?”. E così, tra un dubbio e un allenamento, quel cuore ha ricominciato a svolgere il suo lavoro alla perfezione. Un po’ alla volta, certo, ma per Riccione era pronto.
La giornata partita con due sconfitte al girone aveva messo su un cammino tortuoso Sara D’Angelo. Ma spesso il destino prepara i conti con qualche giro d’orologio d’anticipo. Assalto per entrare nei sedici, davanti la veneziana Musco, già incrociata la mattina in un assalto perso 5-3. Sara subito sopra, ogni botta un grido, ogni momento di pausa ossigeno.
E il cuore batteva. Come sapeva fare prima di Lucca, come aveva ricominciato a fare da poche settimana.
E sul 14-14, per un solo momento, quel cuore non ha battuto più. L’ultima stoccata è stata la ricostruzione dell’intero ciclo del Gran Premio Giovanissimi di Sara: avanti senza paura. E chi l’ha dura, (quasi sempre) la vince.
Il match per le otto è stata pura formalità, vinto 15-9 e ingresso nelle otto conquistato. Con un gran cuore. Che per qualche momento aveva smesso addirittura di battere. Ma nei momenti in cui ha pulsato nel modo giusto, ha rivelato la piccola grande guerriera che risiede nella nostra Sara.

Siamo piccoli ma cresceremo

Ci sono persone che magari non riusciranno mai a raggiungere certi risultati. E altri che invece, stanchi di vincere, a un certo punto decideranno che è meglio smettere, perché non si riescono a divertire. E poi c’è chi, con impegno e dedizione, resta scottato da un risultato ottimo che sperava potesse essere migliore. E quindi continua a provare e provare e provare ancora per migliorarlo, in modo e maniera da raggiungere quei “certi” risultati ma senza perdere l’amore per lo sport.
È il caso di due maschietti, Tommaso Di Lauro (sciabola) e Gianmarco Mililli (spada); e di un giovanissimo, Thomas Verducci (spada). Tre nomi per un risultato identico, considerando che tutti sono entrati nei primi otto uscendo però sconfitti dall’assalto valido per il podio. Un peccato, certo, ma considerando i sorrisi smaglianti e la coppa in mano tenuta con un’ossessione degna di Gollum (piccolo riferimento ‘nerd’ al Signore degli Anelli), per loro è andata benissimo anche così.
Sono il ritratto di una meravigliosa certezza: quella che il risultato minimo, anche se non propriamente accettato, regala spesso una gioia immensa. Certo, l’anno prossimo proveranno a fare di più, cercando di centrare quel podio mancato per un soffio. Magari con i piccoli Tommi e Giammi che con una primavera in più sulle loro giovani spalle saranno in grado di gestire meglio le situazioni. Magari con il piccolo grande Thomas che negli assalti a 15 riuscirà ad avere più tempo per riflettere sull’azione giusta da fare. E magari, chissà, anche con una Giulia a fondo pedana che spera di poter vedere un assalto dei quarti finire in modo differente da un 10-6.
Ma per adesso, loro il premio ‘di consolazione’ l’hanno vinto eccome. La coppetta se la sono portata a casa e con lei un mare di ricordi. Gli stessi che, chiunque abbia fatto il Gran Premio Giovanissimi almeno una volta nella vita da atleta, maestro, arbitro o genitore che sia, sa bene cosa e quanto significhino per dei giovanissimi ragazzi under 14.

Ai piedi del podio

Christian Murtas è diventato grande.
È successo pochi secondi dopo aver perso l’incontro per entrare in semifinale. Era partito con grandi ambizioni, con l’idea di agguantare quanto meno il podio, per poi giocarsela viso a viso con gli altri semifinalisti. Nulla. Si è dovuto fermare a un passo dalle medaglie pregiate. Rabbia. Tanta. Veder sfumare un sogno nell’arco di pochi minuti è davvero avvilente. Ma non per Christian. Non per lui.
Perché nel momento stesso in cui ha subito la quindicesima stoccata, Christian si è reso conto che la scherma è fatta anche di questi attimi, in cui il minimo errore, personale, arbitrale, decisionale che sia, porta ogni azione seguente a causarne una successiva. E così via, e così via.
E cosa rimane da fare allora, quando il risultato non corrisponde alle aspettative? Rimboccarsi le maniche e tornare ad allenarsi ancora più di prima. Con quella stessa voglia che ha contraddistinto un ragazzo, ormai entrato nel mondo degli uomini, che più di tutti sta cercando di anticipare i tempi della sua crescita, sia sportiva che mentale.
Se è vero che ci sono molte più sconfitte che vittorie nel palmares di un atleta, è anche vero che sono i momenti di difficoltà i veri maestri di vita. Una vita che è ancora deve sbocciare, crescere, maturare; con le proprie esperienze e le proprie scelte, giuste o sbagliate che siano. Nel frattempo Christian sta facendo in modo e maniera di prendere ogni cosa che accade o è accaduta con la leggerezza di un ragazzo di quattordici anni: divertendosi.

Lì dove osa Ippoliti

Pochi mesi fa, sulla pedana della finale di Riccione, Lorenzo Ippoliti aveva messo in scena un capolavoro. Si era laureato Campione Italiano dopo una gara perfetta, dominata dal primo all’ultimo assalto del girone.
E una volta che si arriva in cima, nonostante sia ancora giovanissimo, scendere a valle diventa un incubo. Si cerca di salire ancora di più, continuando a lavorare per scalare vette ancora più alte.
Anche stavolta Lorenzo è arrivato sulla pedana rialzata, quella che assegna il titolo, che regala il nome alla storia. Ma c’è arrivato da lontano, da quella cima dalla quale qualche centimetro in basso era sceso.
La certezza di un risultato non si può mai avere, sarebbe impensabile. Ma la consapevolezza di volerlo raggiungere, quella si. E la cosa buffa è che il filo conduttore di tutto questo è la paura: una sana, terribile, meravigliosa sensazione d’impotenza che costringe a lasciarsi andare. Lorenzo l’ha fatto.
Dopo un primo assalto perso al girone, si è completamente concesso all’adrenalina che gli scorreva in vena, iniziando a muoversi, pensare, tirare come solo lui sa fare. Osando stoccate, ascoltando il maestro, senza lasciarsi sopraffare dall’insicurezza.
E poi, durante l’ultimo atto, quello più importante, è stata la stanchezza a farsi sentire. Si è iniziato a riposare troppo presto, ancora prima del finire del tempo, della quindicesima stoccata. Si è abbandonato a un pochi metri dalla vetta. E senza la lucidità del proprio corpo, messo a dura prova per riuscire ad arrivare sin lì, è stato difficile piegare le gambe e ragionare con pazienza.
Nonostante tutto però, ancora una volta, a distanza di pochi mesi, Lorenzo si è confermato a un’altezza che stavolta non è la cima, ma poco al di sotto.
Lì dove per arrivare bisogna crederci e osare. Lì dove solo chi ha il coraggio di avere paura si può permettere di tirare.

Francesco e il Maestro

Un viso sornione, la battuta pronta, la giusta dose di talento. In poche parole si può riassumere Francesco Lolli. Ma la sua gara bisognerebbe spiegarla con un’accuratezza matematica. Per tre quarti dei momenti di gara, l’atleta è solo. Lui, l’avversario e la pedana. L’arbitro e il Maestro fanno parte di un contorno completamente insonorizzato. Un minuto. Questo il tempo concesso a chi sta a fondo pedana per far parte dell’insieme.
Ma quel minuto, sommato a tutti gli altri che durante gli assalti vengono concessi tra i tre minuti, sono fondamentali. Perché permettono al Maestro di ricordare all’atleta che cosa può fare, cosa no, cosa dovrebbe. Anche se poi, come già detto, sulla pedana l’atleta è solo.
Francesco non ha sempre fatto quello che gli si chiedeva, anzi. Spesso la sua testa trasformava quella dose di talento in un’incommensurabile numero di probabili azioni, che sfociavano poi sempre in una scelta discutibile. E dove non arriva la sensazione, arriva la matematica. Non quella scolastica, che insegna a fare 2+2; si parla di matematica filoschermistica, dove il punto focale è cercare di convincere chi tira che l’azione da fare è una, due al massimo. E una volta riusciti a fare questo, bisogna limare l’ultimo passaggio: toccare.
Stefano e Giulia hanno matematicamente costruito la gara di Francesco che, dal canto suo, ha seguito alla perfezione la lezione di minuto in minuto, andando a conquistarsi un bronzo che a inizio giornata, come a ogni gara, poteva come non poteva arrivare.
Stavolta è stata la volta buona, nella gara più importante, quella in cui il viso sornione di un ragazzo si è trasformato in una volto da guerriero; quella in cui la battuta pronta ha lasciato spazio alla concentrazione assoluta; quella in cui quella dose giusta di talento è stata messa in mostra grazie alla matematica.
E grazie al Maestro.

Il resto dell’onda

Non si celebrano solo i successi. I piazzamenti pregiati sono il risultato di  allenamento e divertimento che si crea e si celebra in sala. Insieme agli altri, a tutti quei ragazzi che ogni giorno si impegnano per arrivare un pizzico più lontano in gara.
Un grande onda, fermata nei primi turni o a un passo dagli otto, rappresenta il gruppo coeso e omogeneo che si sta formando sulle pedane del Club Scherma Roma ogni anno di più. Bravi ai Campioni Regionali di fioretto e spada Flavia e Vittorio, che hanno chiuso troppo presto il loro GPG; così come meravigliosi sono stati Mattia e Tommaso nella sciabola a un pizzico dalla finale a otto. E complimenti anche a Niccolò, Simone, Olivia, Aurora, Emma, Leonardo, Giulio, Adriano, Giulio, Giulia e ancora Giulia. Perché anche la fantasia nei nomi conta. E non dimentichiamo Edoardo, Virginia, Alice, Emanuele, Giorgio, Escander, Livia, Paolo, Clara, Maria Teresa, Simone, Federico, Michele, Jacopo & Jacopo, Elena, Matilde, Lucrezia, Filippo, Giada, Eva e Olivia. Ultimi ma non ultimi, bravissimi anche Giovanni, Beatrice, Leonora e Flavia.
Bravi tutti i genitori, tutti i maestri, tutta la società che ospita una famiglia così grande da essere un nome unico: Club Scherma Roma.

Di seguito i risultati e le foto dei nostri atleti

GRAN PREMIO GIOVANISSIMI 2022 – RICCIONE

FIORETTO

Maschietti
81° Nicolò Bifulco, 113° Simone Serra

Bambine
44° Olivia Sbarbaro, 49° Aurora Nunzio, 70° Emma Egidi

Giovanissimi
104° Leonardo Tribioli

Ragazzi
86° Giulio Quarzo, 120° Adriano D’Ortenzio, 126° Giulio Scimia

Ragazze
51° Giulia Piana, 62° Giulia Ferrari

Allievi
87° Edoardo Gianni

Allieve
8° Sara D’Angelo, 19° Flavia Garnero, 58° Virginia Venza, 76° Alice Pasetti

SCIABOLA

Maschietti
8° Tommaso Di Lauro, 34° Emanuele Blasevich, 56° Giorgio Gulino, 66° Escander Nicotra

Bambine
22° Livia Senzacqua

Ragazzi
3° Mario Calza, 14° Paolo Casertano

Ragazze
38° Clara Capaccioni, 47° Maria Teresa Siciliano

Allievi
5° Christian Murtas, 11° Mattia Pasqualino, 12° Tommaso Tirotti, 27° Simone Bruno, 30° Federico Sarra, 35° Michele Capitani

Allieve
1° Francesca Romana Lentini

SPADA

Maschietti
5° Gianmarco Mililli

Giovanissimi
6° Thomas Verducci, 77° Jacopo Bastoni, 89° Jacopo Baronci

Giovanissime
24° Elena Lucisano, 51° Matilde Rodari, 126° Lucrezia Tiberini

Ragazzi
2° Lorenzo Ippoliti, 93° Filippo Kieran Rouse

Ragazze
20° Giada Boccanera, 48° Eva Cutini Calisti, 77° Olivia Mingiardi

Allievi
3° Francesco Lolli, 34° Vittorio Poli, 162° Giovanni Bagnato

Allieve
58° Beatrice Lolli, 96° Leonora Triticucci, 119° Flavia Violati

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