
Saper interagire con il prossimo non è un dono che appartiene a tutti. L’empatia è una peculiarità di pochi, così come la capacità d’ascoltare non vive in tutte le persone. Daniela Olivieri ha scelto di seguire questa strada nella sua vita, una carriera mossa in primo luogo per dare valore alle persone aiutandole a conoscere sé stesse, sia dal punto di vista personale che, da qualche anno a questa parte, sportivo. Da quest’anno Daniela è entrata a far parte della famiglia del Club Scherma Roma e in questa piccola intervista si è presentata a tutti noi.
Mamma di schermitori, psicologa nella vita, professoressa in un liceo: chi è Daniela Olivieri?
L’amore per la scherma è sbocciato sugli spalti del PalAriccia, dieci anni fa, mentre osservavo i miei figli iniziare a tirare sulle pedane della cittadina laziale. Come psicologa e psicoterapeuta di professione, ho cercato di capire come la psicologia potesse apportare un valore aggiunto alla scherma e, soprattutto, ai giovani schermitori. Cos, dopo corsi di formazione e master di psicologia dello Sport ho iniziato ad affiancare i ragazzi nella loro crescita personale e schermistica. I risultati sono stati sorprendenti: gli atleti a fine ciclo hanno ottenuto tutti una crescita, una consapevolezza e un’ottima conoscenza del proprio funzionamento personale. Per rispondere alla domanda, io sono un po’ tutto: una docente di liceo, una psicologa dell’età evolutiva, un’esperta di psicologia dello sport e psicoterapeuta rogersiana, appassionata del processo di auto realizzazione delle persone.
Da cosa nasce la passione per la psicologia e cosa ti ha spinto a trasformarlo in lavoro?
La psicologia per me ha sempre rappresentato la passione, la curiosità, la ricerca del benessere e dell’equilibrio della persona. Ho una particolare tendenza all’empatia e all’intuizione, tanto che queste caratteristiche sono state motivo d’ispirazione per l’avvicinamento alla professione di psicologa e psicoterapeuta. Gli adolescenti sono la mia quotidianità e la mia avvincente sfida.
Quando hai iniziato a lavorare con la scherma?
Ho iniziato a lavorare con la scherma otto anni fa e da quattro sono nello staff medico della Federazione Italiana Scherma. Tra palestre e ritiri nazionali, ad oggi ho seguito oltre quattrocento atleti.
Inevitabilmente, come buona parte degli sport praticati, anche l’aspetto psicologico è fondamentale nella scherma: spiegaci come e perché
La scherma declinata alle varie armi è uno sport situazionale, quindi richiede delle abilità mentali ben precise: capacità di adattamento e di problem solving, concentrazione, velocità decisionale, autostima, tolleranza alla frustrazione, pazienza, attenzione e gestione della pressione agonistica e delle emozioni. Tutte situazioni che possono essere allenate e potenziate con la presenza, nello staff tecnico, di uno psicologo dello sport. L’affiancamento della psicologia al mondo sportivo può essere un valido aiuto per l’atleta: Matteo Rampin (medico, psichiatra e psicoterapeuta) afferma che “quando i meccanismi si inceppano, quando il risultato tarda a venire, quando la performance è al di sotto delle effettive possibilità, quando la paura interferisce con la serenità dell’allenamento o della gara, quando le relazioni all’interno della squadra diventano difficili, è il momento di guardare a ciò che sta sopra le spalle: la mente e le sue risorse”. Lo Psicologo dello Sport attraverso varie tecniche (ad esempio training autogeno, tecnica dell’imagery ed altre) aiuta l’atleta a migliorare la padronanza di sé e delle proprie emozioni, migliorando il controllo e la concentrazione. Permette un’accelerazione dell’apprendimento e il perfezionamento del gesto tecnico ed atletico, supporta la motivazione e l’autoefficacia, contribuendo al miglioramento della performance dell’atleta.
Molto spesso si confonde la figura dello Psicologo dello Sport con quella di Mental Coach: dove sta la differenza?
Lo Psicologo dello Sport ha una formazione nel campo della Psicologia attestata da un percorso universitario di cinque anni, cui seguono un anno di tirocinio e il superamento dell’esame di Stato. In più, per la qualifica ‘sportiva’ occorrono una formazione e una specializzazione (Master) biennale in “Scienze, tecniche e psicologia dello sport”. Conosce le varie tappe dell’età evolutiva, le neuroscienze e applica il suo intervento sul giovane atleta come un abito su misura alla ricerca del miglior funzionamento personale .
Il Mental Coach è invece un motivatore, spesso non uno psicologo, e viene investito di questo ruolo soltanto dopo aver frequentato un weekend di formazione. L’assenza di un’adeguata cultura psico-sportiva, unita al fatto che a tutt’oggi non esiste una formula univoca che determini con sufficiente precisione i contorni di questa funzione, è all’origine di un’ambiguità da cui a volte scaturiscono spiacevoli fraintendimenti circa il vero ruolo dello Psicologo dello Sport e quello del Mental Coach.
Secondo te c’è un’età in cui sia preferibile cominciare o meno ad avvalersi di una figura come quella dello psicologo?
Secondo la mia opinione, in uno sport come la scherma la figura dello psicologo potrebbe essere affiancata a partire dalla categoria “ragazzi”, con un lavoro di tipo integrato con il maestro, il preparatore atletico, lo staff societario e la famiglia.
Insomma, sport e psicologia possono coesistere (a volte devono), finalizzando il loro rapporto al raggiungimento di un risultato, sportivo o personale che sia. Daniela aiuterà i nostri ragazzi a far sì che questo obiettivo possa coincidere.